La pioggia – Charles Bukowsky


Pioggia - Claudia Cefali

Un’orchestra sinfonica.
Scoppia un temporale,
stanno suonando un’ouverture di Wagner
la gente lascia i posti sotto gli alberi
e si precipita nel padiglione
le donne ridendo, gli uomini ostentatamente calmi,
sigarette bagnate che si buttano via,
Wagner continua a suonare, e poi sono tutti
al coperto. Vengono persino gli uccelli dagli alberi
ed entrano nel padiglione e poi c’è la Rapsodia
Ungherese n. 2 di Lizst, e piove ancora, ma guarda,
un uomo seduto sotto la pioggia
in ascolto. Il pubblico lo nota. Si voltano
a guardare. L’orchestra bada agli affari
suoi. L’uomo siede nella notte nella pioggia,
in ascolto. Deve avere qualcosa che non va,
no?
È venuto a sentire
la musica.

nove marzo duemilaventi (di Mariangela Gualtieri)

Pierre Soulages,Lithographie

 

Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.

Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.

E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.

Adesso siamo a casa.

È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.

È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.

Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.

Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.

Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
 piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.

Festival della poesia a Mantova, maggio 2019

Ho partecipato alla quinta edizione del Premio Nazionale di Poesia “Terra di Virgilio” a Mantova e, con grande onore e emozione, nella sezione Vita di scienza e d’arte sono stato segnalato con la mia poesia Centro commerciale.

Nella sezione parallela, L’ozio degli attivi, dedicato a poeti che vivono in ambiti protetti (Comunità, carceri, strutture residenziali), mi ha colpito la poesia del secondo classificato, Roberto Cannavò, che vive nella casa di reclusione di Milano – Opera e lì frequenta il Laboratorio di Lettura e scrittura creativa.
Qui ve la propongo.

Nelle segrete giunture

Nelle segrete giunture
delle vene s’inasprisce
l’amaro.
La pioggia si dimena
nei corridoi lasciando
il passo all’immensità
del verso.

“Le molte feritoie della notte”

Noi cantastorie andiamo in giro sollevando la polvere da fatti memorabili, cerchiamo di farne mito o leggenda (abbiamo, a differenza dei giornalisti, la licenza di stravolgere) e se ci riusciamo davvero possiamo diventare OMERO, se non ci riusciamo per niente andiamo a comprare i giornali nelle edicole.

Fabrizio De Andrè – 1998

Ode al giorno felice (di Pablo Neruda)

Per non perdere il ricordo di un giorno felice,
trascorso in occasione del matrimonio di amici.
Il mio grazie a Barbara che mi ha fatto conoscere questi versi.

chi non vive di poesia muore di noia

Questa volta lasciate che sia felice,
non è successo nulla a nessuno,
non sono da nessuna parte,
succede solo che sono felice
fino all’ultimo profondo angolino del cuore.

Camminando, dormendo o scrivendo,
che posso farci, sono felice.
Sono più sterminato dell’erba nelle praterie,
sento la pelle come un albero raggrinzito,
e l’acqua sotto, gli uccelli in cima,
il mare come un anello intorno alla mia vita,
fatta di pane e pietra la terra
l’aria canta come una chitarra.

Tu al mio fianco sulla sabbia, sei sabbia,
tu canti e sei canto.
Il mondo è oggi la mia anima
canto e sabbia, il mondo oggi è la tua bocca,
lasciatemi sulla tua bocca e sulla sabbia
essere felice,
essere felice perché sì,
perché respiro e perché respiri,
essere felice perché tocco il tuo ginocchio
ed è come se toccassi la pelle azzurra del cielo
e la sua freschezza.
Oggi lasciate che sia felice, io e basta,
con o senza tutti, essere felice con l’erba
e la sabbia essere felice con l’aria e la terra,
essere felice con te, con la tua bocca,
essere felice.

La poésie (di Léopoldine Boucher)

La poésie est dans ma poche
ou bien dans ma sacoche
elle est dans le sac de ma mére
ou bien dans le chaussures de mon pére

Dans le cartable de mon grand frére
ou dans le grenier de mon grand-pére
elle est dans le cuisine de ma grand-mére
ou les jouets de mon petit frére

Elle est dans les secrets de mes copains
ou dans les aventures de mes cousins
la poésie est partout
et…elle nous met sens dessus dessous.

 

Trovo “La poésie” sui muri di Parigi, nel settembre 2014, scritta da Léopoldine Boucher, una bambina di 9 anni:questa è una sua traduzione italiana.

 

La poesia è nella mia tasca
o nella mia borsa
è nella borsa di mia madre
o nelle scarpe di mio padre

Nel raccoglitore di mio fratello
o nella soffitta di mio nonno
è nella cucina di mia nonna
o i giocattoli del mio fratellino

è nel segreto dei miei compagni
o nelle avventure dei miei cugini
La poesia è dappertutto
e … ci mette a testa in giù